A Pescara è stato introdotto l’ultimo dossier di Legambiente “Stop pesticidi nel piatto 2023”, nel quale sono stati condivisi alcuni dati allarmanti riguardo la presenza di fitofarmaci nei cibi che consumiamo quotidianamente. La relazione, sviluppata in collaborazione con Alce Nero, presenta alcune cifre che non possono fare altro che suscitare apprensione. Innanzitutto, contrariamente a quanto rivelato nell’edizione precedente del report, si registra un incremento nei campioni che presentano residui di pesticidi, i quali attualmente ammontano al 44,1%. L’indagine ha preso in esame oltre 4.300 esemplari di cibo derivati sia da piante che da animali, inclusi pure prodotti che hanno origine dall’apicoltura, sia nazionale che internazionale, tutti analizzati nel corso del 2021. In che cosa si è riscontrata la presenza all’interno dei campioni analizzati? Nel fascicolo, sebbene una piccola percentuale di campioni non rispetti le norme, ovvero contenga sostanze attive superiori ai limiti permessi, che è dell’1% (con un lieve calo rispetto all’anno passato), si sottolinea il fatto che solamente il 54,8% dell’intera quantità di campioni è priva di residui di pesticidi. Nel rapporto dell’anno scorso, l’indagine aveva raggiunto il 63%, mostrando quindi un chiaro deterioramento di questa informazione statistica. In particolare, ciò che genera maggiore allarme è il 44,1% di campioni che hanno mostrato tracce di uno o più pesticidi, inclusi campioni con un unico residuo (14,3%) e multiple tracce di residui (29,8%), sebbene entro i parametri legali consentiti. In totale sono state identificate 90 sostanze attive, incluse quelle trovate in un campione di uva contenente 14 residui, in uno di pere con 12 residui e in uno di peperoni con 10 residui. Inoltre, secondo i dati dell’EFSA è stata analizzata anche una fragola dell’Unione Europea che presentava fino a 35 diversi residui. Si evince quindi che, seguendo la tendenza degli anni precedenti, la frutta risulta essere il settore più affetto da questa problematica, con oltre il 70,3% dei campioni esaminati che presentano uno o più residui. Per quanto riguarda le verdure, la situazione appare decisamente migliore, poiché il 65,5% dei campioni testati non ha mostrato tracce di residui. In dettaglio, si evidenziano particolari situazioni per l’uva da tavola (88,3%), le pere (91,6%) e i peperoni (60,6%). Tra i prodotti alimentari trasformati, il vino e i cereali integrali si sono distinti per avere le percentuali più alte di residui consentiti, con circa il 61,8% e il 77,7% rispettivamente. I pesticidi più frequentemente identificati nelle analisi, in ordine decrescente, includono Acetamiprid, Boscalid, Fludioxonil, Azoxystrobina, Tebuconazolo e Fluopyram.